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Appunti di Stile: la Giacca Inglese

Nel cuore di Londra, durante una tipica giornata lavorativa, i marciapiedi pullulano di uomini d’affari con il giornale sottobraccio, la ventiquattrore in una mano e l’ombrello nell’altra. Alcuni di loro deliziano i passanti con la fattura particolarmente pregiata della propria giacca cucita dalle abili mani dei sarti d’Oltremanica, in una delle numerose sartorie di Savile Row

Il taglio rigoroso e la ricerca di geometrie esatte fanno da padroni durante tutta la costruzione della giacca inglese, a differenza di altre scuole di sartoria, come quella italiana, ed in particolare quella napoletana, dove sono la ricercatezza per i dettagli e la nonchalance a guidare la mano del sarto.

La giacca inglese è da sempre sinonimo di eleganza maschile e altissima qualità sartoriale, mai sfacciata o esagerata e apprezzata per il suo stile composto e autoritario che rifà al mondo militare, equestre e della caccia. La sobria raffinatezza di cui oggi si vanta la giacca inglese è un’eredità rilasciata nientemeno che dal padre di tutti i dandies, Lord Brummell il “Beau”, il quale, agli inizi dell’Ottocento, portò in auge quel concetto di monocromaticità e semplice eleganza da cui germogliò tutto ciò che consideriamo classico nell’abbigliamento maschile. Insieme al mito di Lord Brummell, nelle sartorie di Savile Row si gettavano le basi del taglio tradizionale inglese, i cui caratteri definitivi, riscontrabili negli odierni abiti, sono rimasti essenzialmente immutati a partire dal primo trentennio del XX secolo. Oggi, come allora, i più grandi divi di Hollywood, politici e reali inglesi contribuiscono ad affermare il fascino della giacca sartoriale inglese. 

Un occhio esperto riconoscerà un’autentica giacca sartoriale inglese per alcuni elementi chiave.

Il primo di tali elementi è senz’altro la spalla; essa si caratterizza per la presenza di rigide imbottiture che creano spalle importanti, ampie e dalla linea retta, talora sporgenti verso l’esterno o accompagnate da rullino. Il davanti della giacca è irrobustito da canvas e crine di cavallo, che rendono il capo ben strutturato, ma allo stesso tempo in grado di adattarsi ai movimenti del corpo grazie alla costruzione artigianale. La vita è stretta, mentre la zona del torace può essere più o meno aderente al corpo, a seconda delle diverse variazioni sul tema di ogni sartoria.

Passando ad esaminare il bavero della giacca inglese, esso non si discosta molte dalle altre scuole di taglio sartoriali, proponendosi nelle tre varianti principali di lancia, dentellato o sciallato. Gli elementi che possono far risalire ai natali inglesi sono la presenza di un cranpiuttosto basso e spessori modesti, in linea con la semplicità marziale dello stile inglese. Solo a partire dagli anni Settanta estrosi sarti di Savile Row iniziarono a sfornare giacche dai revers molto ampi ed esageratamente a lancia; uno stile che oggi trova il suo massimo rappresentate nel sarto Edward Sexton. Infine, spostandoci sulla zona posteriore della giaccia, solitamente questa presenta uno spacco centrale o due spacchi laterali, caratteristica spiccatamente di richiamo equestre. Nell’insieme una giacca sartoriale inglese ha un profilo leggermente a clessidra, è più lunga rispetto altre scuole sartoriali e presenta i quarti anteriori vicini tra loro. 

Agli aspetti tecnici summenzionati, si aggiunge un’ulteriore ed importante questione da considerare quando si parla di giacca inglese, ossia il tessuto adoperato per la realizzazione della stessa e le sue fantasie. In aggiunta, vi è un vastissimo repertorio di fogge da cui l’uomo elegante può attingere per le diverse occasioni d’uso. A fronte di un clima rigido e tendenzialmente piovoso, le giacche inglesi si presentano quasi sempre in tessuti corposi e cardati, come la flanella, o il famoso Harris e Shetland tweed dalle fantasie tipiche della caccia inglese per l’ambito informale, mentre nel contesto lavorativo il gentiluomo inglese è solito indossare pesanti abiti nei toni del blu e del grigio. 
Si può concludere che la giacca inglese cela in sé i segreti e la storia di una lunga tradizione sartoriale, la quale oggi trova i suoi massimi esponenti in storiche sartorie come quella di Edward Sexton, Anderson & SheppardHenry Poole & Co.Gieves & HawkesDavies & SonsHuntsman & SonsDege & Skinner, e tanti altri nomi degni di nota. La giacca inglese è una pietra miliare della sartoria, pensata e cucita per esaltare la fisicità dell’uomo che la indossa ed emanare quel senso di autorevolezza inconfondibilmente British.

Asole a mano o a macchina?

E’ la tecnologia contro l’arte. La perfezione contro la manualità con tempistiche e lavorazioni molto diverse. Di cosa sto parlando? Beh, delle differenze tra l’asola a mano e a macchina. Chiarisco subito una cosa per chi non conosce l’argomento:  l’asola (o l’occhiello) è l’apertura di una giacca, di una camicia, di un cappotto in cui si infila il bottone per chiudere il tessuto. Insomma, magari non sapevi che si chiamava così, ma l’avrai sicuramente vista. Tuttavia riconoscere un occhiello sartoriale da uno a macchina non è propriamente facile

Asole fatta a mano

Ma poi come si fa a riconoscere se l’asola è stata fatta a mano o con una macchina? In effetti un occhio poco esperto non è in grado di distinguerle. Esistono, però, alcuni “trucchetti” per farlo.

Asole fatte a macchina

Alla base di tutto c’è una divaricazione tra automazione e manualità. L’asola a macchina è perfetta e precisa. Ma queste due qualità non sono sinonimo di migliore, anche perché in sartoria molti concetti cambiano significato rispetto al senso comune. L’asola a mano, quindi, è imperfetta, ma anche unica. E in questa ultima caratteristica risiede la sua estrema bellezza e ricercatezza.

Già, queste note di stile sono fondamentali per addentrarci nell’aspetto più tecnico.  Per riconoscere la differenze bisogna dare un’occhiata al rovescio dell’asola. Se i punti sono omogenei, simmetrici ed equidistanti, la tecnica è a macchina. Al contrario, se la disposizione dei punti è irregolare, con un ritmo del filo ora incerto ora deciso, allora ci troviamo di fronte a un’asola fatta a mano.

Per gli abiti che confeziono tendo a utilizzare sempre la tecnica manuale. Certo, la tempistica gioca a sfavore, ma io resto convinto dell’idea che un abito su misura deve avere le asole cucite a mano, perché secondo me in sartoria estetica e lentezza vanno a braccetto.

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Capi intramontabili

Insolito Casentino: la sartoria al servizio dell’unicità

Il cappotto in panno Casentino è nell’immaginario collettivo un capo dalla foggia e colori iconici, tali da renderlo un punto ben definito del guardaroba maschile invernale. Tramutare il punto in una virgola può portare al conseguimento di un risultato di gran lunga più esclusivo, sicché la realizzazione tecnica di un capo artigianale come il suddetto, non dovrebbe mai essere solo fine a sé stessa, ma assumere i connotati di un’opera ricercata, su cui è possibile riconoscere la firma dell’artista e le sfumature intelligibili del buon gusto. È ciò che accade quando l’abilità sartoriale incontra la qualità estrema delle materie prime. 

La missione è dar vita ad un cappotto che rifugge dai soliti schemi, in grado di unire il carattere spiccatamente rustico del tessuto Casentino al formalismo di una foggia ispirata al gran classico dell’inverno, l’ulster, dal quale, tuttavia, preleva solo gli elementi sommari, rivisitandone sapientemente altrettanti. Un cappotto dalla natura duale, realizzato secondo aspetti apparentemente inconciliabili, che si equilibrano grazie al tocco amorevole e professionale che il sarto impartisce ad ogni fase costruttiva, nonché grazie ad un suo profondo senso estetico nel modus operandi.

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L’indole campestre del panno Casentino è smorzata dall’austerità di una tonalità che richiama il blu della notte, in contrasto ai cromatismi fiammanti, dell’arancio e del verde, con cui il suddetto tessuto è consueto presentarsi. Particolare attenzione è rivolta ai dettagli, ognuno dei quali funge da contrappeso nell’interazione con le altre componenti, affinché vi sia una perfetta armonia di insieme. Le tasche a toppa, con pattina, seguono un atipico disegno, secondo una geometria a sciabola, la cui convessità, rivolta verso l’alto, s’innalza verso la parte anteriore del capospalla e il cui ipotetico prolungamento prosegue sino alla linea del bavero a lancia, il quale si sovrappone in un’abbottonatura doppiopetto con sei bottoni, di cui quattro utili.

La spalla destrutturata non presenta spalline, ma solo l’inserzione di una modesta quantità di rollino, necessaria a renderla leggermente insellata e richiamare la formalità del revers a lancia. Un cappotto di pregio non può che essere accompagnato da interni di qualità, quali tele di lino e fodere in rasatello bemberg dalla straordinaria traspirabilità. La parte posteriore del cappotto è concepita al fine di non presentare alcuna cucitura centrale, così da poter realizzare un elemento aggiuntivo, sottostante alla martingala, caratterizzato da un soffietto in sostituzione del classico piegone, richiamando la singolarità di modelli appartenenti al passato lontano. 

Scelte originali e passione animano, dunque, lo spirito di un cappotto che non ha eguali, essendo l’espressione reciproca di un tessuto e una manualità che nascono dalla tradizione, tagliando quel cordone ombelicale che spesso rende l’artigiano mero esecutore e schiavo delle norme, dimenticando che la concezione dell’eleganza maschile è data da una coscienziosa trasgressione delle suddette regole.